“ Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti ”
Il 1945 segna, a livello globale, una rivoluzione per quanto riguarda la teoria e la pratica dei diritti della persona. Prima di tutto avviene il riconoscimento giuridico internazionale dei diritti fondamentali con la Carta delle Nazioni Unite.
I diritti umani si rappresentarono ormai come esigenza concreta di una nuova prospettiva sociale, e vennero formulati, per la prima volta, in un consesso internazionale e secondo una prospettiva estesa a tutti gli uomini e popoli della terra trovando nella stesura della Dichiarazione Universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948 il cuore pulsante di un processo di integrazione e solidarietà per le genti. Leggiamo nel Preambolo la volontà comune del raggiungimento di una pace positiva, volontà che anche l’Italia ha dichiarato e che ha assimilato nella Costituzione repubblicana
In particolare, la Carta delle Nazioni Unite segnò la rottura radicale con il paradigma del potere della forza elevata a diritto, da sempre operante accordi nelle relazioni internazionali soprattutto attraverso il principio della "ragion di stato" e diede avvio al processo di giuridicizzazione del valore supremo, incondizionato e inderogabile del mondo della persona umana, facendo valere, anche a livello internazionale, il paradigma della forza del diritto.
Con la loro proclamazione avvenuta nella Dichiarazione del 1948, i diritti umani iniziano ad essere riconosciuti e garantiti universalmente, dando origine al nuovo diritto internazionale dei diritti umani: diventano ius positum internazionale che appare codificato, in particolare, nei due Patti sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali approvati nel 1966 ed entrati in vigore a livello internazionale nel 1976.
Solo i diritti umani, nell’attuale fase storica, possono garantirci dalle insidie e dai rischi di derive disumanizzanti, razionali o irrazionali, e costituiscono l’unica via che può promuovere l’uomo nella sua integralità e nella radicalità della sua essenza: "siamo effettivamente entrati nell’eta’ dei diritti", come ha felicemente titolato la sua raccolta di saggi sull’argomento N.Bobbio (1990).
La Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli viene approvata nella sua versione finale nel 1981 ed è anche nota come Carta di Banjul, dal nome della città del Gambia in cui si svolsero le due sessioni della Assemblea OUA che portarono alla sua approvazione.
La Carta africana è una convenzione, ossia uno strumento giuridico vincolante- nonostante si sia scelto il termine “Carta”- composta da un preambolo e da un corpo suddiviso in tre parti: Diritti e doveri garantiti (artt. 1-29), misure di salvaguardia (artt. 30-63) e disposizioni finali (artt. 64-68).
La Carta raggruppa tutte le tipologie tradizionali di diritti: civili, politici, economici, sociali e culturali. In merito a questo, nel preambolo della Carta si richiama il principio dell’interdipendenza e indivisibilità di tutti i diritti, affermando che “i diritti civili e politici sono indissociabili dai diritti economici, sociali e culturali, sia nella loro concezione che nella loro universalità, e che il soddisfacimento dei diritti economici, sociali e culturali garantisce quello dei diritti civili e politici”.
Nonostante affinità e comuni obiettivi la realtà africana è ancora lontana dalla affermazione di diritti e garanzie riducendo a forme di vita arretrate e vessanti le esistenze di milioni di africani
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